giovedì 12 settembre 2013

BLUT - R. Rode

Non potevo non postare il nuovo racconto di Rebecca Rode, promettente scrittrice emergente!!!
Io la adoro!


"Blut" è scaricabile gratuitamente nei formati:
EPUB http://bit.ly/1g1n0DP
PDF http://bit.ly/17QJ0jU



Non perdetevelo!

Voto: 10/10

venerdì 6 settembre 2013

IL CONFINE DI UN ATTIMO - J. A. Redmerski

Camryn Bennett, vent'anni, non è certo il tipo da restare ingabbiata in una vita ripetitiva sempre uguale a se stessa. Ma da quando il suo ragazzo è morto in un terribile incidente, niente sembra più importarle davvero... Dopo che anche la sua migliore amica le volta le spalle, Camryn salta su un autobus, con solo un telefono cellulare e una piccola borsa, decisa a fuggire da tutti coloro che la vogliono incasellare in una vita che non le appartiene. Nel viaggio incontra un ragazzo di nome Andrew Parrish, un tipo non molto diverso da lei, da cui si sente irresistibilmente attratta. Andrew vive la vita come se non ci fosse domani: la provoca, la diverte, la protegge, la seduce, le insegna ad assaporare ogni singolo momento e ad ascoltare le sue emozioni più profonde, i suoi desideri più veri e inconfessati. Ben presto diventa il centro della sua vita. Ma Camryn ha giurato di non lasciarsi andare mai più, di non innamorarsi mai più... E il segreto che Andrew nasconde li spingerà irrimediabilmente insieme o li distruggerà per sempre?

Se dalla trama può sembrarvi un romanzo scontato e con tematiche già viste, vi sbagliate. E' sicuramente molto scorrevole grazie alla splendida scrittura della Redmerski ma non di certo banale.
Si affrontano tematiche importanti: le grandi scelte, il futuro, il dolore, la perdita e ovviamente l'amore.
L'alternarsi dei punti di vista dei due protagonisti, Camryn e Andrew, per tutta la durata del romanzo vi accompagneranno fino all'epilogo in un'altalena di emozioni e sofferenze.
La protagonista, Camryn, fa quello che tante di noi almeno una volta ha pensato di fare nella vita: zaino in spalla e partenza per l'ignoto. La sua vita degli ultimi anni è stata costellata da eventi poco piacevoli, come la morte del suo fidanzato in un incidente, è smarrita davanti a un futuro incerto. Non ha più obiettivi né speranze e la litigata furibonda con la sua migliore amica è la goccia che fa traboccare il vaso. 
Questo viaggio in autobus verso l'ignoto cambierà per sempre la vita di Camryn. Sull'autobus incontrerà infatti Andrew in viaggio verso il capezzale del padre ormai in fin di vita. Anche il suo viaggio è una sorta di viaggio "spirituale" verso un destino crudele che non riguarda solo il padre...
I due ragazzi, nonostante le prime titubanze di Camryn, si avvicineranno sempre di più e scopriranno di avere paure e dolori molto simili.
Nascerà un passione sempre più forte e un amore grande che però arriverà ad un bivio...E qui mi fermo!!!! A voi il finale!
Ho amato molto questa storia e i suoi personaggi che ritrovano in qualche modo la loro strada che finora è stata piuttosto impervia ma insieme riescono a risorgere e per mano ad affrontare il futuro. 

  Io e Andrew Parrish eravamo destinati a incontrarci su quell’autobus.  Coincidenza è solo la parola che i conformisti usano al posto di destino.

Voto: 9/10

lunedì 26 agosto 2013

E L'ECO RISPOSE - K. Hosseini

Sulla strada che dal piccolo villaggio di Shadbagh porta a Kabul, viaggiano un padre e due bambini. Sono a piedi e il loro unico mezzo di trasporto è un carretto rosso, su cui Sabur, il padre, ha caricato la figlia di tre anni, Pari. Sabur ha cercato in molti modi di rimandare a casa il figlio, Abdullah, senza riuscirci. Il legame tra i due fratelli è troppo forte perché il ragazzino si lasci scoraggiare. Ha deciso che li accompagnerà a Kabul e niente potrà fargli cambiare idea, anche perché c'è qualcosa che lo turba in quel viaggio, qualcosa di non detto e di vagamente minaccioso di cui non sa darsi ragione. Ciò che avviene al loro arrivo è una lacerazione che segnerà le loro vite per sempre. Attraverso generazioni e continenti, in un percorso che ci porta da Kabul a Parigi, da San Francisco all'isola greca di Tinos, Khaled Hosseini esplora con grande profondità i molti modi in cui le persone amano, si feriscono, si tradiscono e si sacrificano l'una per l'altra.
 
In qualità di grande fan di questo incredibile scrittore non potevo non leggere la sua ultima opera e le mie aspettative non sono state di certo deluse.
A differenza delle opere precedenti, questo può quasi definirsi un romanzo corale che parte dalla storia di Abdullah e sua sorella Pari il cui fortissimo legame viene spezzato in giovane età quando il padre dei due bambini, a causa della profonda povertà in cui versa la sua famiglia, vende a una coppia di Kabul, presso cui lavora il cognato Nabi, la figlia più piccola. Questo sarà un dolore profondo ed incolmabile per Abdullah che segnerà tutta la sua vita. Da qui partiranno le fila di tutto il romanzo che si svilupperà tramite le voci di Nabi, di Pari e della figlia di Abdullah ma anche di Idris e Timur, legati ai personaggi principali in modo piuttosto sottile ma che offrono un altro punto di vista importante sugli emigrati afgani, a cui Hosseini dà sempre molta importanza. Essi sono, infatti, i "fortunati malinconici": coloro che hanno potuto crearsi una nuova vita all'estero ma con una malinconia per la terra d'origine a cui sono molto legati ma in cui non potranno tornare per le condizioni continuamente drammatiche  dell'Afganistan.
E' la storia di una famiglia vista trasversalmente per un lasso di tempo lungo 3 generazioni. E' la storia di afgani che hanno vissuto vite diverse ma il cui cuore è sempre legato alla loro terra, agli affetti familiari e alle tradizioni.
E' incredibile come l'autore sia riuscito ad affrontare la storia dal punto di vista di personaggi diversi per sesso e cultura, che vivono in periodi storici e luoghi molto diversi. Una poliedricità ineguagliabile.
La scrittura di Hosseini è come sempre splendida, limpida ed emozionante.
 
Voto: 10/10 (Il cacciatore di aquiloni e Mille splendidi soli erano 10 e lode!!!)
 
 
 
 

martedì 30 luglio 2013

76 - Rebecca Rode


Oggi posto qualcosa di diverso dal solito... Si tratta di un racconto inedito dell'esordiente Rebecca Rode. Ve lo propongo perché credo meriti di essere letto da tutti! Il linguaggio evocativo dell'autrice vi porterà su quel palco con la protagonista...e il suo inconscio...Un turbinio di emozioni in poche righe! Quando il talento c'è, si vede! Leggete e ditemi che ne pensate!!!! 


<<76>>
Lo scroscio svelto e disordinato del battere di mani siglò la fine dello spettacolo. Risate, fischi e parole confuse facevano da corona alle tende  polverose del sipario che calavano cigolanti e stanche. Gli anni si contavano veloci, uno ad uno, descritti su ogni singola crepa delle mura del teatro. La commedia era terminata. I commedianti sgattaiolavano dietro le quinte mentre il pubblico, ancora ridente, si dissipava divertito lungo le strade, sgomberando l’arena, allontanandosi in ombre di luce che si aggrappavano alle case, sempre più lontane . Sabrina si apprestava a godersi la stessa scena di sempre,  quella finale, in cui solitudine e silenzio si impadronivano come piante rampicanti della carta da parati, degli spalti, delle sedie, permeando una pace attesa.  Le mura ridondavano emozioni, canti, risate degli spettatori ed ella, immersa in quel laconico spettacolo, poteva diventare Turandot, Aida, Violetta: la regina indiscussa della scena.
-          Sabrina, bada che siano ben chiuse tutte le imposte, e prima di uscire riordina quei copioni.
Dimenticavo: bada a che questo letamaio non diventi una prigione per qualcuno.
-          Sarà fatto Mr. Fa’ questo e quello.
Sabrina abbandonava per ultima il teatro, dopo aver provveduto a riordinare il tutto per lo spettacolo successivo. Durante la scena restava in un angolino, con la blusa di seta a fiorellini appena sopra il ginocchio, i piccoli piedi, trampolieri in equilibrio sui tacchi a spillo, impacchettati come dolci per bambini, uniti nella sua posa di sempre: composta, elegante e sempre ai margini degli sguardi indiscreti. Viveva nell’ombra del successo degli spettacoli, seguiva il copione alla lettera e, al momento giusto, suggeriva la battuta alla primadonna di turno. Amava il teatro, talmente gravido di vita, di attese, di personaggi, di storie. Non le dispiaceva affatto uscire per ultima, assaporare l’ultima eco di un tacco che, rimbombando nel vuoto, si appresta ad abbandonare la sala, godersi la platea semplice, vuota, spoglia di giudizi, ascoltare il dindondio delle chiavi che penzolano dalle sue dita. Quando tutto fu quasi a posto notò un faro ancora acceso che illuminava la seggiola sul palco. Avanzò  verso quella direzione. I suoi passi si fecero svelti sul legno scricchiolante, poté sentire i tonfi goffi e vedere la polvere levarsi in volo, controluce. Decise di non spegnere il riflettore. Si sedette sulla seggiola come una diva. Si alzò poi, completamente eretta, colma di una fierezza ostentata meno che di rado. Fece qualche passo in avanti. Un inchino. Un altro ancora. Libera da se stessa, dai convenevoli, dalle sovrastrutture, esprimeva con sicurezza tecnica il dolore, l’ingenuità, la fedeltà e la dolce speranza di un’amabile ed introversa Madame Butterfly. Con un sorriso soddisfatto e inchini ossequiosi si apprestava a chiudere davvero, per quella sera, la scena, salutando il suo pubblico di fantasmi. Con un po’ di malinconia fece spallucce. Le braccia caddero sui fianchi torniti e  la mano destra impugnò la spalliera della seggiola. Un ultimo sguardo alla platea, ai posti a sedere. Vuoti. Un sospiro. Il nulla. Fece per strisciare la sedia e portarla al suo posto ma qualcosa fece attrito. Si chinò. Un piccolo diario con una copertina rigida e color verde smeraldo giaceva abbandonato sul parquet malconcio e fradicio. Tornò nella posizione in cui era poco prima, di fronte alla platea. Raccolse il diario, trascinò la sedia al centro del palco. Si sedette. Lo aprì. Una calligrafia elegante, stretta e precisa delineava e scandiva le parole lisce, delicate, soavi, impresse come un contrasto sulla carta sottile e porosa. Le emozioni filtravano come olio, spargendosi tra le dita, macchiando ogni buona intenzione. Emozioni queste di carta e inchiostro, che scuotevano come una tempesta intrisa di misteri rivelati l’animo pellegrino e assente. Si trattava di poesie. Sottovoce, come a darne una certa rilevanza, ne sottolineava alcuni passi: «Abbiamo perso ancora questo crepuscolo… Nessuno ci vide questa sera con le mani unite mentre la notte azzurra cadeva sopra il mondo…io ti ricordavo con l’anima stretta da quella tristezza che tu mi conosci».
-          Bella!
Un sussulto interruppe l’intima magia di quell’istante. Una voce profanò il silenzio religioso e casto che imperava tra le crepe delle pareti anziane. Una voce inaspettata, lieve, timida, pura, mosse l’aria come una brezza calda e pervase l’ambiente di un odore di cose belle, passate e future, vissute e sconosciute, folkloristiche. Una figura avanzava nel buio dell’arena a passi piccoli e delicati, senza emettere rumore alcuno. Si fermò nella penombra. Sabrina, in preda ai tumulti claudicanti del suo cuore, cercava di scrutare quell’immagine stilizzata che spariva nell’ombra e riemergeva dal buio. Cercò di intravederne i lineamenti. La figura era sottile, definita ma evanescente, allo stesso tempo tonda e rassicurante. Spiava una chioma candida come batuffoli di cotone, bellissima. Quando il sangue pulsò più lentamente, ella ebbe forza per parlare.
-          Lo spettacolo è finito, il teatro è chiuso da un po’.
-          Lo so.
-          Devo chiudere l’entrata principale, mi scusi. Il mio lavoro è finito.
-          Aiutami. Leggi ancora.
Si sedette in platea, al posto 76, rimanendo avvolto nelle tenebre rassicuranti e cupe.
-          Oh no, davvero. L’ho trovato qui per caso e… non sarà mica suo questo diario?
-          No.
-          Che pasticcio, avrò sbandierato qualche… oh, che figura!
-        No, è bella. Ha dato voce a cose che non si sanno dire. Ha dato voce a chi non può parlare. Aiuta.
-      Sì, ma non l’ho scritta io, capisce? L’ho trovato qui per caso e mi sono messa a leggere, non è mica bello impicciarsi di affari altrui!
-       Ma è una poesia!
-      Sì, e mi piace molto ma, stupida che sono! Non avevo alcun diritto di ficcarci il naso. Magari non avrebbe dovuto essere letta da nessuno. Una poesia scritta da chissà chi poi! Per quanto bella non mi appartiene, non ho diritto…
-         Ma la poesia non è di chi la scrive! È di chi gli serve…
-         Serve?
-      Certo, la poesia serve a dar voce a chi non ha parole. Tu ne avevi bisogno. Hai trovato nelle parole qualcosa di tuo, come in uno specchio, e ti è servita. Se trovi uno specchio per strada non ti scusi mica con lui per averti riflessa, o per averti fatto capire che avevi una ciocca di capelli in disordine!
-          Non sono sicura di capire
-       Lo specchio riflette la tua immagine. Tutti possono ammirarla, giudicarla bella o meno bella, ma solo tu, guardando nei tuoi stessi occhi, potrai vedere il vero riflesso. Troverai un universo intero. Sei tu, Sabrina: sguardo perso, malinconico, sfiduciato, che ha visto mille spettacoli senza esserne padrone. Tu, ai margini del teatro a suggerire le battute. Tu, che avresti voluto essere l’attrice omaggiata da un bagno di plausi. Tu, che tenendo i piedi uniti non osi guardare oltre questa tenda triste e malandata. È perché non hai fiducia in te stessa.
-          Perdoni una cosa: ci conosciamo?
-          Da sempre, come se non ti avessi vista mai.
-          Un… un momento! Ma… chi diavolo sei? Mostrati.
-          Non posso.
-          Se è uno scherzo è di cattivo gusto. Mostrati nella luce!
-         Io sono già nella luce. Ci siamo visti ovunque, in nessun posto. Ad ogni ora sono con te, quasi come mai. Ho sfiorato le tue mani senza toccarle, nell’abbraccio intenso di un sogno senza fine, nell’aria leggera che ti scompiglia i capelli, che ti rende viva. Così, io vivo.
Sabrina si alzò con uno scatto repentino, avanzò nella penombra per tentare di indovinare qualche particolare di quella figura così sfuggente, afferrarlo, comprenderlo.  Avanzava correndo immobile, annaspava alla ricerca di dettagli invasa di dubbi e certezze. Il cuore le si attanagliava nello stomaco. Battiti accelerati echeggiavano nella sua mente, tentacoli aridi e invisibili la inchiodavano sul parquet sporco e sgualcito. Naufraga in un mare in tempesta, cercava quella figura senza riuscire a raggiungerla, quella figura che pareva l’eco assordante di un riverbero lontano, futuro, presente. Senza tempo. Sconosciuto eppur sempre lì. Lontano ma così vicino da poterne sentire il dolce profumo.
-          È tempo per me di tornare.
-          Non andare via! È ancora troppo presto… dimmi il tuo nome! Io non so, non ricordo…
-          Io?
Si voltò lento, con un’espressione serena, distratta e tremendamente dolce in un sorriso di zucchero, appena accennato, come l’alba di un giorno che sorge nel capo più bello del mondo.  Era lì, avvolto nel bagliore splendente della più pura perfezione.
-          Io, Sabrina, sono solo un Pulcinella.
E parve un grido, strozzato in un sussurro, fatto di parole taglienti come lame e fragili come cristalli, ma pure e semplici, caste. La grande porta sbatté forte sulle mura scolorite lasciando cadere qualche granello di polvere. Un vento aggressivo pervase l’intero ambiente, cruento, caldo. Ella si lasciò dominare. Passiva, con le ginocchia inchiodate a terra, lo sguardo attonito, gli occhi bagnati da gocce di pianto che scendevano lente, per tramutarsi in violenti uragani. Aveva offerto le sue mani nel vuoto. L’aria, linfa vitale, si era colorata di oro, di buoni sapori, di tesori custoditi e inesplorati e fuggiva via, tra le dita, come filigrana di sabbia finissima. Il vuoto insopportabile allora si fece greve, piatto, plumbeo fino a pesare sul corpo. Come aveva potuto non capire.
Non così presto.
Silenzio.

mercoledì 24 luglio 2013

COLAZIONE DA DARCY - A. McNamara

Quando Darcy McCall perde l’adorata zia Molly, l’ultima cosa che si aspetta è di ricevere in eredità un’isoletta in mezzo al mare. Secondo le ultime volontà della donna, però, per entrarne in possesso, Darcy dovrà trascorrere almeno dodici mesi sull’isola di Tara, al largo delle coste occidentali dell’Irlanda. Una bella sfida, non c’è che dire, per una come lei, abituata alla frenetica vita londinese. Ma forse un cambiamento è proprio ciò di cui Darcy ha bisogno, così, senza quasi rendersene conto, da un giorno all’altro si ritrova a dover dire addio alle amate scarpe con il tacco per indossare un paio di orribili stivali. Adattarsi alla spartana vita dell’isola sarà un’impresa tutt’altro che facile, ma nel ristorantino appena aperto, tra una tazza di tè e i biscotti fatti in casa, Darcy scoprirà che l’isola ha molto da offrire… E dopo le difficoltà iniziali, il calore e l’affetto della piccola comunità di Tara finiranno per conquistare anche la mondana Darcy. Nuovi amici e forse un nuovo amore l’attendono dietro l’angolo: chi, tra l’affascinante Conor e il testardo Dermot, saprà far battere il suo cuore? 

Una trama originale e un linguaggio piacevole e scorrevole sono i segni particolari di questo romanzo ambientato in Irlanda.
L'autrice ci trasporta nel fascino delle terre d'Irlanda insieme a Darcy che ha ereditato dalla nonna l'isola di Tara. Le condizioni per riscattare l'enorme patrimonio sono però quanto meno particolari. Darcy quindi si troverà davanti ad una scelta molto importante che le cambierá la vita per sempre. 
Le scelte di vita e la crescita personale sono le tematiche principali affrontate dall'autrice che ci accompagna pagina per pagina a scoprire la metamorfosi della protagonista che da semplice e superficiale impiegata cittadina del jetset londinese si trasfomerá nella affidabile e amata proprietaria di Tara.
Non ho molto apprezzato la poca attenzione data al rapporto tra Darcy e Dermot, affrontato troppo velocemente e in modo poco approfondito.
Ho amato, invece, gli aneddoti e le leggende legate alla storia irlandese.

Voto: 7/10

LA SETTIMA ONDA - D. Glattauer

Emmi e Leo: per chi ancora non li conosce, sono i protagonisti di un amore virtuale appassionante, che ha vissuto ogni sorta di emozione, a parte quella dell'incontro vero. Sì, perché dopo quasi due anni, Leo ha deciso di tagliare definitivamente i ponti con Emmi e partire per Boston, per ricominciare una nuova vita. Emmi non si dà però per vinta, e riesce nell'impresa di riallacciare i rapporti con Leo. Mentre lei è ancora felicemente sposata con Bernhard, per Leo in nove mesi le cose sono cambiate, eccome: in America ha conosciuto Pamela e finalmente ha iniziato la storia d'amore che ha sempre sognato. Si sa, però, l'apparenza inganna. Ritornano le schermaglie via e-mail che hanno tenuto col fiato sospeso i numerosi lettori di Le ho mai raccontato del vento del Nord, e anche stavolta promettono scintille.

Dopo "Le ho mai parlato del Vento del Nord", grande successo di Glattauer, non potevo non leggere la continuazione della storia tra Emmi e Leo, la cui pseudo-fine mi aveva lasciato un po' d'amaro in bocca.
Una storia d'amore nata per caso via e-mail e proseguita per parecchio tempo con l'attesa di quel fatidico incontro che non avvenne mai... il perché ve lo lascio scoprire leggendo il primo libro.
E ora rieccoci qui... dopo svariati tentativi di Emmi di ricontattare Leo via mail...la mail si riattiva! Tra incredulità, emozione, paura e felicità ricomincia lo scambio di mail tra i due che finalmente riusciranno a incontrarsi al Caffè Huber... ma non sempre le cose vanno come uno se le aspetta e quando tutto sembra perduto una sorpresa appare dietro l'angolo! In che senso? Lo vedrete!
Glattauer è molto abile, come nel primo libro, a far trasparire le emozioni, i timori e le ansie dei protagonisti tramite un semplice scambio di e-mail.
Manca un po' la sagacia, l'ironia e l'ilarità del primo libro che ho trovato più incalzante e trascinante. Qui l'autore vuole lasciare più spazio al gran finale sacrificando un po' le parti precedenti.
Contenta di averlo letto perché le storie d'amore in sospeso o troncate bruscamente mi lasciano sempre un po' triste!

Voto: 7/10

AMICI DI LETTO - Gina L. Maxwell

Dopo un matrimonio fallito, Lucie è determinata a evitare relazioni passionali per mettersi alla ricerca dell'uomo giusto: bello, in carriera, desideroso di farsi una famiglia e caratterialmente compatibile. Stephen, il brillante medico con cui lavora, sarebbe il candidato ideale, se non fosse che non la degna nemmeno di uno sguardo. La soluzione arriva insieme a Reid, il migliore amico del fratello di Lucie, nonché sua cotta adolescenziale: Reid ha bisogno di fermarsi in città per un breve periodo e in cambio di un posto letto sul divano di Lucie è disposto a dispensarle consigli su come conquistare il dottore. A Lucie, perennemente insicura e abituata a nascondersi dentro maglioni sformati, serve prima di tutto un po' di consapevolezza del proprio fascino. In pochi giorni, però, le "lezioni di seduzione" si trasformano in giochi erotici sempre più spinti e coinvolgenti. E quando c'è feeling tra le lenzuola, è difficile fermarsi... Ma quello che c'è tra Lucie e Reid è solo intesa fisica o qualcosa di più?

Lo so, lo so...un altro romance.... ma che ci volete fare? Sono un'inguaribile romantica!
Romanzo scorrevole e ben scritto. Letto in una domenica!
La trama non è originalissima ma molto avvincente.
I personaggi sono ben caratterizzati anche se ovviamente piuttosto stereotipati.
Lucie, ingenua, premurosa e delusa dalla sua vita amorosa, convinta di aver trovato l'uomo perfetto per lei nel collega medico che, almeno apparentemente, incarna quello che renderebbe felice ogni donna. Ma Lucie non ha fatto i conti col destino e con Reid, apparentemente l'opposto di ciò che lei desidera per una storia duratura.... apparentemente appunto!
Un'altra perfetta lettura sotto l'ombrellone!

Voto: 8/10